A litigare si impara da piccoli, è uno dei prerequisiti che ciascun bambino dovrebbe raggiungere al termine della scuola dell’infanzia, è questo il momento fondamentale in cui il bambino, così aperto agli apprendimenti nuovi e alle scoperte, può porre le basi per una competenza sociale così importante da poter essere considerata la base per una convivenza civile oggi. Tanti adulti non sanno litigare e tante volte o si mette in campo la strategia dell’evitamento oppure si urla a più non posso senza affrontare mai il nocciolo della situazione problematica e conflittuale. Se ci pensiamo nessuno dei nostri educatori, tanto meno nessun genitore degli anni Ottanta, ha insegnato alla nostra generazione a litigare. La raccomandazione quotidiana era “fai a modo e non litigare che poi…”, quel “che poi” lasciava in sospeso un non detto che un po’ faceva paura. Oggi fortunatamente si sono fatti molti passi in avanti al riguardo fino all’elaborazione del Metodo Litigare Bene.
La nostra scuola ha iniziato ad adattare il metodo nel 2013, i bambini che per primi hanno utilizzato questo metodo per la gestione dei loro conflitti oggi hanno 13 anni, sono i grandoni che danno l’esempio a tutti gli altri e che nelle situazioni di vita in comune aiutano i più piccoli nell’autorganizzazione del litigio.
Alla scuola dell’infanzia il conflict corner viene usato per quei litigi che lì per lì faticano a raggiungere un accordo, abbiamo osservato che spesso i bambini si confrontano nel luogo in cui nasce la controversia, per lo più legata al possesso di un giocattolo, solo quando le cose vanno per le lunghe e gli animi iniziano a scaldarsi qualcuno dei due litiganti si dirige verso l’angolo dei litigi oppure in altre situazioni succede anche che uno spettatore esterno intervenga ricordando ai litiganti che “a litgare si va là”. Questo metodo ha delle ricadute estremamente positive se adottato nella maniera giusta, solleva le insegnanti dal gravoso compito di essere giudici di qualcosa che in realtà non conoscono, è necessario essere onesti con se stessi, per quanto un’insegnante abbia sotto controllo ciò che accade nella sezione, quando i bambini giocano liberamente non è possibile sentire il sorgere di un litigio, sapere chi ha iniziato e di chi è la ragione, è sicuramente molto più equo lasciare che i litiganti confrontino le proprie opinioni e che trovino l’accordo che meglio risponde a quella data situazione; i bambini si sentono più responsabili e capaci di gestire le relazioni con i compagni/amici. Dai 3 ai 6 anni, in famiglia, i bambini vengono considerati ancora piccoli cuccioli da accudire, incapaci di difendersi da soli, adottando questo metodo imparano l’arte della mediazione e capiscono attraverso l’esperienza a circoscrivere il loro ego ed il loro senso di onnipotenza; non tutto ciò che voglio è possibile, ma è mio potere decidere come gestire la frustrazione che deriva dal’incontro-scontro con l’altro da me; il bambino esce anche dalla dimensione dello scontro “fisico” poiché l’insegnante che funge da regista della situazione favorisce la conversazione ed il confronto e se necessario ricorda ai litiganti di stabilire un accordo. La qualità della vita scolastica migliora e regna un clima molto più disteso. Anche i genitori hanno imparato, dapprima sono sempre molto increduli, poi vedendo che nessuno si fa male e che i bambini ce la fanno anche da soli, non ostacolano il lavoro delle insegnanti; anzi ci raccontano che qualche bambino chiede di realizzare un conflict corner in casa e se vede i genitori discutere li invita a sedersi per parlare.